E’ ormai evidente che la teoria urbanistica richiede assetti urbani, quindi funzionamento del territorio e della città coerenti ed integrati (Carta di Lipsia, 2007). Questo implica forme, cioè morfologia del costruito e della natura, ovvero dei processi antropici che siano alleati (Scandurra, 1995).Occorre allora cogliere le condizioni locali come suggerimenti progettuali. Questo non solo per minimizzare sia le risorse utilizzate, innanzitutto il suolo (ciò significa privilegiare la trasformazione dell’esistente), sia quelle economiche - costruttive ma anche successive per rimettere in sicurezza ciò che è stato danneggiato - ma soprattutto per ridurre il rischio che, si ricorda, è funzione della pericolosità (a macro e micro scala), della vulnerabilità ovvero di come di costruisce e della esposizione, cioè di quante persone, beni (tra cui quelli irriproducibili storico-artistici), servizi ed infrastrutture sono presenti.Infine, ma non per ultimo, tenendo conto della gestione del territorio e della città, da un lato ispirandosi al km0 nella fruizione dello spazio e, dall’altro, nella scelta dei materiali per realizzarlo.Tutto ciò mirando alla proposizione di Comunità inclusive come detto in Smart Citie (Ue, 2012).A fronte di queste necessità, in modo molto marcato, nel nostro paese si evidenzia una situazione di incongruità tra città ed aree rurali, grandi e piccoli centri, non sostenibilità fisica e sociale a scala urbana e non considerazione del rapporto con le risorse naturali. Mentre, in gran parte, sono ignorate le situazioni di rischio in cui si trovano numerosissimi importanti e piccoli centri.Con il paper si intendono suggerire strategie di intervento operative finalizzate a correggere questa discrasia tra “necessità” teoriche ed i “fatti” che invece dominano le dinamiche di urbanizzazione. Quindi un percorso per costruire un’urbanistica ecologica, cioè l’urbanistica che deve caratterizzare la contemporaneità come già da tempo stanno suggerendo Appold e Kasarda (1990).

Città aperta, città dei cum-cives, città ecologica

ARAGONA, Stefano
2013-01-01

Abstract

E’ ormai evidente che la teoria urbanistica richiede assetti urbani, quindi funzionamento del territorio e della città coerenti ed integrati (Carta di Lipsia, 2007). Questo implica forme, cioè morfologia del costruito e della natura, ovvero dei processi antropici che siano alleati (Scandurra, 1995).Occorre allora cogliere le condizioni locali come suggerimenti progettuali. Questo non solo per minimizzare sia le risorse utilizzate, innanzitutto il suolo (ciò significa privilegiare la trasformazione dell’esistente), sia quelle economiche - costruttive ma anche successive per rimettere in sicurezza ciò che è stato danneggiato - ma soprattutto per ridurre il rischio che, si ricorda, è funzione della pericolosità (a macro e micro scala), della vulnerabilità ovvero di come di costruisce e della esposizione, cioè di quante persone, beni (tra cui quelli irriproducibili storico-artistici), servizi ed infrastrutture sono presenti.Infine, ma non per ultimo, tenendo conto della gestione del territorio e della città, da un lato ispirandosi al km0 nella fruizione dello spazio e, dall’altro, nella scelta dei materiali per realizzarlo.Tutto ciò mirando alla proposizione di Comunità inclusive come detto in Smart Citie (Ue, 2012).A fronte di queste necessità, in modo molto marcato, nel nostro paese si evidenzia una situazione di incongruità tra città ed aree rurali, grandi e piccoli centri, non sostenibilità fisica e sociale a scala urbana e non considerazione del rapporto con le risorse naturali. Mentre, in gran parte, sono ignorate le situazioni di rischio in cui si trovano numerosissimi importanti e piccoli centri.Con il paper si intendono suggerire strategie di intervento operative finalizzate a correggere questa discrasia tra “necessità” teoriche ed i “fatti” che invece dominano le dinamiche di urbanizzazione. Quindi un percorso per costruire un’urbanistica ecologica, cioè l’urbanistica che deve caratterizzare la contemporaneità come già da tempo stanno suggerendo Appold e Kasarda (1990).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12318/2561
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