Lo scritto analizza la questione decisa dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 26 febbraio 2019, C-497/17. Dopo una analisi del quadro normativo di riferimento in tema di macellazione islamica, l’Autore si sofferma sulla questione della “certificazione halal” e sulla sua compatibilità con le deroghe previste dal diritto dell’Unione Europea alla regola imposta dal regolamento 1099/2009 per le macellazioni rituali, giustificate dall’esigenza di tutelare la libertà religiosa. L’Autore analizza, quindi, le conclusioni formulate dall’Avvocato Generale Nils Whal e le scelte operate dalla Corte di Giustizia nella sentenza in commento. Esse appaiono molto diverse. Infatti, mentre l’Avvocato Generale non riscontra ostacoli alla compatibilità della certificazione halal e dell’etichettatura della carne come “biologica”, la Corte di Giustizia è di diverso avviso. La Corte basa la propria tesi sulla necessità di tutelare la fiducia dei consumatori di prodotti biologici che fanno affidamento sulla tutela rinforzata del “benessere animale”. Per questo motivo, la Corte esclude la possibilità di apporre il logo europeo “agricoltura biologica” su carni macellate ritualmente, senza previo stordimento. L’Autore, pur ritenendo formalmente corretta l’interpretazione data dall’Avvocato Generale, aderisce alla tesi della Corte, in quanto ravvisa in essa una nuova spinta verso la sistematicità del diritto alimentare europeo.

Macellazione rituale e produzione biologica in un caso deciso dalla Corte di Giustizia.

Roberto Saija
2019-01-01

Abstract

Lo scritto analizza la questione decisa dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 26 febbraio 2019, C-497/17. Dopo una analisi del quadro normativo di riferimento in tema di macellazione islamica, l’Autore si sofferma sulla questione della “certificazione halal” e sulla sua compatibilità con le deroghe previste dal diritto dell’Unione Europea alla regola imposta dal regolamento 1099/2009 per le macellazioni rituali, giustificate dall’esigenza di tutelare la libertà religiosa. L’Autore analizza, quindi, le conclusioni formulate dall’Avvocato Generale Nils Whal e le scelte operate dalla Corte di Giustizia nella sentenza in commento. Esse appaiono molto diverse. Infatti, mentre l’Avvocato Generale non riscontra ostacoli alla compatibilità della certificazione halal e dell’etichettatura della carne come “biologica”, la Corte di Giustizia è di diverso avviso. La Corte basa la propria tesi sulla necessità di tutelare la fiducia dei consumatori di prodotti biologici che fanno affidamento sulla tutela rinforzata del “benessere animale”. Per questo motivo, la Corte esclude la possibilità di apporre il logo europeo “agricoltura biologica” su carni macellate ritualmente, senza previo stordimento. L’Autore, pur ritenendo formalmente corretta l’interpretazione data dall’Avvocato Generale, aderisce alla tesi della Corte, in quanto ravvisa in essa una nuova spinta verso la sistematicità del diritto alimentare europeo.
2019
cibo - religione - diritto - certificazione - biologico - benessere animale
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