Il lavoro reca un commento alla sentenza n. 47/2010 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 372 c.p. sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost. nella parte in cui la norma censurata fissa il minimo edittale “in anni due di reclusione, anziché in altra pena, di eguale specie, ma nella misura più bassa”. Ad avviso della Corte la modifica del trattamento sanzionatorio per la falsa testimonianza sarebbe scaturita dal giudizio maturato in sede legislativa circa la sopravvenuta maggiore gravità del fatto di cui all’art. 372 c.p., sicché la rimodulazione del trattamento sanzionatorio si inquadrerebbe nella più ampia esigenza legislativa di riformare i delitti contro l’attività giudiziaria al dichiarato fine di assicurare il corretto svolgimento delle indagini preliminari e la genuinità della prova. A fronte di queste osservazioni e pur condividendo le conclusioni alle quali la giunge la sentenza in commento, la nota evidenzia criticamente come il contraddittorio e frammentario quadro degli indirizzi legislativi che si traggono dal complessivo panorama politico-criminale di allora non consenta letture univoche, in grado di orientare l’interprete nella direzione più giusta. Per un verso, infatti, non è persuasiva l’affermazione secondo la quale il legislatore avrebbe così manifestato l’esigenza di provvedere alla ristrutturazione dei delitti contro l’attività giudiziaria. Ciò in quanto è perlomeno eccessivo evocare la riforma dei delitti contro l’attività giudiziaria, che in realtà costituiscono il capo I dell’intero titolo dei delitti contro l’amministrazione della giustizia, se poi questa presunta attività riformatrice si risolve in poca cosa, ossia in una mera modificazione sanzionatoria, peraltro limitata al solo delitto di cui all’art. 372 c.p. Per un altro verso non risulta affatto convincente l’ulteriore passaggio nel corso del quale si sostiene che lo scopo di preservare la veridicità della prova costituirebbe il riflesso della natura tendenzialmente accusatoria dell’attuale processo penale. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, la prova testimoniale nell’attuale processo penale sembrerebbe meritare la diversa qualificazione di prova maggiormente critica, proprio a causa della disciplina oggi dettata per la sua formazione nel contraddittorio e degli innegabili rischi di inquinamento.

Il trattamento sanzionatorio della falsa testimonianza al vaglio dei principi costituzionali di proporzionalità, ragionevolezza e rieducazione

D'ASCOLA, Vincenzo Mario Domenico
2010-01-01

Abstract

Il lavoro reca un commento alla sentenza n. 47/2010 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 372 c.p. sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost. nella parte in cui la norma censurata fissa il minimo edittale “in anni due di reclusione, anziché in altra pena, di eguale specie, ma nella misura più bassa”. Ad avviso della Corte la modifica del trattamento sanzionatorio per la falsa testimonianza sarebbe scaturita dal giudizio maturato in sede legislativa circa la sopravvenuta maggiore gravità del fatto di cui all’art. 372 c.p., sicché la rimodulazione del trattamento sanzionatorio si inquadrerebbe nella più ampia esigenza legislativa di riformare i delitti contro l’attività giudiziaria al dichiarato fine di assicurare il corretto svolgimento delle indagini preliminari e la genuinità della prova. A fronte di queste osservazioni e pur condividendo le conclusioni alle quali la giunge la sentenza in commento, la nota evidenzia criticamente come il contraddittorio e frammentario quadro degli indirizzi legislativi che si traggono dal complessivo panorama politico-criminale di allora non consenta letture univoche, in grado di orientare l’interprete nella direzione più giusta. Per un verso, infatti, non è persuasiva l’affermazione secondo la quale il legislatore avrebbe così manifestato l’esigenza di provvedere alla ristrutturazione dei delitti contro l’attività giudiziaria. Ciò in quanto è perlomeno eccessivo evocare la riforma dei delitti contro l’attività giudiziaria, che in realtà costituiscono il capo I dell’intero titolo dei delitti contro l’amministrazione della giustizia, se poi questa presunta attività riformatrice si risolve in poca cosa, ossia in una mera modificazione sanzionatoria, peraltro limitata al solo delitto di cui all’art. 372 c.p. Per un altro verso non risulta affatto convincente l’ulteriore passaggio nel corso del quale si sostiene che lo scopo di preservare la veridicità della prova costituirebbe il riflesso della natura tendenzialmente accusatoria dell’attuale processo penale. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, la prova testimoniale nell’attuale processo penale sembrerebbe meritare la diversa qualificazione di prova maggiormente critica, proprio a causa della disciplina oggi dettata per la sua formazione nel contraddittorio e degli innegabili rischi di inquinamento.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12318/9452
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