Inserendosi in una ricerca di più ampio respiro volta a svelare la dimensione estetica del diritto, questo saggio delinea la differenziazione tra due livelli di qualificazione del diritto – ‘artificiale’ ed ‘artificioso’ – nel tentativo di dare fondamento teoretico all’espressione ‘ars juris’. Accostare l’arte al diritto, oltre ad una ragione meramente retorica, sollecita alcune questioni inerenti a quella che in queste pagine si nomina ‘poetica’ del diritto: il diritto è un’arte oppure è come l’arte? Cosa significa che il giurista è un artista? Come è possibile qualificare la libertà rispetto al formare dell’arte giuridica? L’argomentazione che avvia una risposta a queste e ad altre questioni distinguendo i due livelli interpretativi del diritto, approfondisce in particolar modo il rapporto tra l’opera giuridica e la sua forma specificandone la dimensione temporale attraverso l’archetipo narrativo (temporalità narrativa) e la struttura formante (formatività estetica). Parlare di estetica delle forme giuridiche, nell’ottica dell’artificialità non artificiosa del diritto, significa – nei termini di questo studio – chiarificare la differenziazione esistenziale che rende l’uomo soggetto di diritto in tal modo aprendo alla libertà dell’arbitrio (artificiale) senza scadere nell’arbitrarietà della contingenza (artificioso). Si illumina così quel plesso genealogico del diritto istituito nella relazione di reciproca essenzialità tra il Vero, il Bello ed il Giusto, i fondamentali per una filosofia del diritto esistenzialmente fondata.

'Artificiale' versus 'Artificioso' (Saggio perlustrativo su estetica e diritto)

CANANZI, Daniele
2008-01-01

Abstract

Inserendosi in una ricerca di più ampio respiro volta a svelare la dimensione estetica del diritto, questo saggio delinea la differenziazione tra due livelli di qualificazione del diritto – ‘artificiale’ ed ‘artificioso’ – nel tentativo di dare fondamento teoretico all’espressione ‘ars juris’. Accostare l’arte al diritto, oltre ad una ragione meramente retorica, sollecita alcune questioni inerenti a quella che in queste pagine si nomina ‘poetica’ del diritto: il diritto è un’arte oppure è come l’arte? Cosa significa che il giurista è un artista? Come è possibile qualificare la libertà rispetto al formare dell’arte giuridica? L’argomentazione che avvia una risposta a queste e ad altre questioni distinguendo i due livelli interpretativi del diritto, approfondisce in particolar modo il rapporto tra l’opera giuridica e la sua forma specificandone la dimensione temporale attraverso l’archetipo narrativo (temporalità narrativa) e la struttura formante (formatività estetica). Parlare di estetica delle forme giuridiche, nell’ottica dell’artificialità non artificiosa del diritto, significa – nei termini di questo studio – chiarificare la differenziazione esistenziale che rende l’uomo soggetto di diritto in tal modo aprendo alla libertà dell’arbitrio (artificiale) senza scadere nell’arbitrarietà della contingenza (artificioso). Si illumina così quel plesso genealogico del diritto istituito nella relazione di reciproca essenzialità tra il Vero, il Bello ed il Giusto, i fondamentali per una filosofia del diritto esistenzialmente fondata.
2008
9788814135361
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12318/10261
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