Coerentemente col percorso di ricerca dell’autore e con la progressione delle sue pubblicazioni, il volume sull’estetica del diritto si assume il compito, primo caso nel mondo, di tentare una possibile qualificazione dell’ambito di ricerca che avvicina e conurba il diritto con l’estetica. Un tentativo che viene pensato e giustificato, a partire della prefazione, evidenziando le ragioni per un tale accostamento, anche con l’indicazione degli autori ai quali si intende fare riferimento. L’intero volume può essere raccolto attorno alla questione del rapporto tra forma e diritto, al nesso tra arte e diritto, questione della forma e del fondamento della giuridicità che – almeno così si ritiene – costituisce il plesso d’indagine per un’estetica del diritto. Vi sono presentati dei prolegomeni, dunque delle considerazioni iniziali e introduttive di un percorso da ulteriormente approfondire che seguono la linea argomentativa rintracciante una estetica giuridica ‘con’ e ‘attraverso’ alcuni dei pensatori – tra cui in particolare Schleiermacher, Heidegger, Pareyson, Ricoeur e Satta – che sollecitano a questionare il possibile orizzonte ontologico nel quale trovano realtà fenomenologica la verità e la giustizia dell’uomo e nel diritto. L’incipit inquadra l’intero plesso estetico giuridico soprattutto attraverso il riferimento all’estetica-ermeneutica di Schleiermacher ed alla riflessione di Satta e indica quel percorso che l’intero volume sviluppa. I tre capitoli costituiscono altrettante tappe di questo percorso e ciascuno discute l’estetica del diritto attraverso il riferimento alla finitudine umana (cap. 1), alla qualificazione del diritto come artificiale (cap. 2) ed infine a quella dimensione narrativa e formante che struttura ermeneuticamente il diritto perché informa ontologicamente l’essere umano (cap. 3). Come viene indicato nelle pagine di chiusura, una estetica del diritto come quella introdotta e pensata nella ricerca è capace di cogliere l’effettività del diritto e spiegare il reciproco appartenersi della pratica e della teoria: tanto un diritto puro frutto di teoresi e lontano dalla pratica è lontano dalla giuridicità nella sua interezza tanto un diritto esclusivamente prassico e non pensato nella sua genesi è incapace di affrontare le sfide del tempo presente. L’estetica del diritto appare una modalità di pensare al diritto cogliendolo in quello che ne rappresenta il tratto più caratteristico: la formatività, discussa a partire da Pareyson, come forma sempre in formazione. In questo senso l’idea del diritto che si desume appare particolarmente adatta all’epoca contemporanea nella quale si richiede non solo dinamismo normativo e rapidità decisionale ma anche una approfondita riflessione sulla genesi non formalizzata della giuridicità. Il volume si inserisce, come accennato, nella ricerca personale dell’autore e costituisce un momento importante aperto agli sviluppi che conclusivamente si lasciano intravedere: innanzi tutto il nesso ermeneutica-estetica pensato (la presenza di Schleiermacher in questo è sintomatica) ripartendo dagli inizi pre-novecenteschi; poi l’inquadramento dell’estetico nel più ampio plesso triadico di riflessione, se l’estetica è la formatività, l’ermeneutica appare la dimensione nella quale si sviluppa l’ontologia umana e giuridica. Le tre dimensioni, già presenti e discusse in questo volume, costituiscono anche i plessi d’indagine generale dell’autore che sono destinati ad una ulteriore e più approfondita analisi. Lo studio sull’estetica del diritto, in questa presentazione, ha riscosso interesse nella comunità scientifica nazionale e internazionale anche per l’originalità del tema: costituisce infatti il primo studio su questo tema e la prima proposizione della tematica all’interno del settore filosofico-giuridico.

Prolegomeni di un'estetica del diritto

CANANZI, Daniele
2008-01-01

Abstract

Coerentemente col percorso di ricerca dell’autore e con la progressione delle sue pubblicazioni, il volume sull’estetica del diritto si assume il compito, primo caso nel mondo, di tentare una possibile qualificazione dell’ambito di ricerca che avvicina e conurba il diritto con l’estetica. Un tentativo che viene pensato e giustificato, a partire della prefazione, evidenziando le ragioni per un tale accostamento, anche con l’indicazione degli autori ai quali si intende fare riferimento. L’intero volume può essere raccolto attorno alla questione del rapporto tra forma e diritto, al nesso tra arte e diritto, questione della forma e del fondamento della giuridicità che – almeno così si ritiene – costituisce il plesso d’indagine per un’estetica del diritto. Vi sono presentati dei prolegomeni, dunque delle considerazioni iniziali e introduttive di un percorso da ulteriormente approfondire che seguono la linea argomentativa rintracciante una estetica giuridica ‘con’ e ‘attraverso’ alcuni dei pensatori – tra cui in particolare Schleiermacher, Heidegger, Pareyson, Ricoeur e Satta – che sollecitano a questionare il possibile orizzonte ontologico nel quale trovano realtà fenomenologica la verità e la giustizia dell’uomo e nel diritto. L’incipit inquadra l’intero plesso estetico giuridico soprattutto attraverso il riferimento all’estetica-ermeneutica di Schleiermacher ed alla riflessione di Satta e indica quel percorso che l’intero volume sviluppa. I tre capitoli costituiscono altrettante tappe di questo percorso e ciascuno discute l’estetica del diritto attraverso il riferimento alla finitudine umana (cap. 1), alla qualificazione del diritto come artificiale (cap. 2) ed infine a quella dimensione narrativa e formante che struttura ermeneuticamente il diritto perché informa ontologicamente l’essere umano (cap. 3). Come viene indicato nelle pagine di chiusura, una estetica del diritto come quella introdotta e pensata nella ricerca è capace di cogliere l’effettività del diritto e spiegare il reciproco appartenersi della pratica e della teoria: tanto un diritto puro frutto di teoresi e lontano dalla pratica è lontano dalla giuridicità nella sua interezza tanto un diritto esclusivamente prassico e non pensato nella sua genesi è incapace di affrontare le sfide del tempo presente. L’estetica del diritto appare una modalità di pensare al diritto cogliendolo in quello che ne rappresenta il tratto più caratteristico: la formatività, discussa a partire da Pareyson, come forma sempre in formazione. In questo senso l’idea del diritto che si desume appare particolarmente adatta all’epoca contemporanea nella quale si richiede non solo dinamismo normativo e rapidità decisionale ma anche una approfondita riflessione sulla genesi non formalizzata della giuridicità. Il volume si inserisce, come accennato, nella ricerca personale dell’autore e costituisce un momento importante aperto agli sviluppi che conclusivamente si lasciano intravedere: innanzi tutto il nesso ermeneutica-estetica pensato (la presenza di Schleiermacher in questo è sintomatica) ripartendo dagli inizi pre-novecenteschi; poi l’inquadramento dell’estetico nel più ampio plesso triadico di riflessione, se l’estetica è la formatività, l’ermeneutica appare la dimensione nella quale si sviluppa l’ontologia umana e giuridica. Le tre dimensioni, già presenti e discusse in questo volume, costituiscono anche i plessi d’indagine generale dell’autore che sono destinati ad una ulteriore e più approfondita analisi. Lo studio sull’estetica del diritto, in questa presentazione, ha riscosso interesse nella comunità scientifica nazionale e internazionale anche per l’originalità del tema: costituisce infatti il primo studio su questo tema e la prima proposizione della tematica all’interno del settore filosofico-giuridico.
2008
9788861341951
formatività giuridica; estetica del diritto; arte del diritto; filosofia della forma; filosofia del diritto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12318/21950
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