I prodotti dolciari a base di liquirizia oggi, così come numerosi altri prodotti alimentari, non sfuggono all’emergenza micotossine che coinvolge, di fatto, tutto il mercato mondiale. La Calabria è nota in tutto il mondo come la regione italiana in cui si produce la liquirizia migliore e dove si concentra circa l’80% della produzione totale nazionale. Due sono le specie che vegetano spontanee: la Glycyrrhiza glabra, chiamata "cordara", utilizzata nell’industria di trasformazione e la Glycyrrhiza echinata o chiovara di minor pregio qualitativo. Dalla radice di 3-4 anni si estrae il succo di liquirizia che rappresenta la base per la produzione dei prodotti dolciari o per l’impiego in altri settori industriali (farmaceutico, concianti per tabacco e birra). Recenti studi hanno evidenziato una preoccupante contaminazione da micotossine, in particolare da ocratossina A (OTA), in radice di liquirizia e derivati presenti sul mercato mondiale; la CE (Reg. CE n. 105/2010) ha, infatti, revisionato e reso ancora più stringenti i limiti massimi di OTA in radici (20 mg kg-1) ed estratti di liquirizia (80 mg kg-1). Vista l’importanza del comparto in Calabria questo lavoro ha focalizzato l’attenzione sui livelli di contaminazione nelle produzioni locali. Lo studio ha riguardato sia il monitoraggio dell’OTA sui prodotti presenti sul mercato calabrese sia delle Aflatossine, classificate dalla IARC nel gruppo 1B, cancerogene per l’uomo, e non ancora normate nel caso della liquirizia. Dallo screening, condotto su venti campioni, è emersa una diffusa e preoccupante presenza sia di OTA che di AFL. Le determinazioni sono state condotte mediante purificazione e concentrazione in colonnine di immunoaffinità e successiva analisi HPLC con rivelatore fluorimetrico. Sulla base dei risultati ottenuti e da altre evidenze emerse che dimostrano chiaramente che le OTA presenti in radici di liquirizia passano nei prodotti derivati nonostante lo stress termico cui le radici stesse sono sottoposte nelle fasi di lavorazione, è stato condotto lo studio sul processo presso un’azienda produttrice. Le analisi condotte su campioni prelevati lungo la linea produttiva ha consentito di individuare alcuni punti critici del processo che, adeguatamente controllati, hanno consentito di abbattere fortemente i livelli di contaminazione da micotossine nei prodotti calabresi. Bibliografia A. ARIN~O, M. HERRERA, E. LANGA, J. RASO, A. HERRERA, Food Additive & Contaminant, Part A, 24, 9, (2007). A. ARIN~O, M. HERRERA, G. ESTOPAN~AN, T. JUAN, Int. J. Food Microbiology, 114, 3, (2007).

Ocratossina a e aflatossine in radici di liquirizia e nei prodotti derivati

FUDA, Salvatore
2010-01-01

Abstract

I prodotti dolciari a base di liquirizia oggi, così come numerosi altri prodotti alimentari, non sfuggono all’emergenza micotossine che coinvolge, di fatto, tutto il mercato mondiale. La Calabria è nota in tutto il mondo come la regione italiana in cui si produce la liquirizia migliore e dove si concentra circa l’80% della produzione totale nazionale. Due sono le specie che vegetano spontanee: la Glycyrrhiza glabra, chiamata "cordara", utilizzata nell’industria di trasformazione e la Glycyrrhiza echinata o chiovara di minor pregio qualitativo. Dalla radice di 3-4 anni si estrae il succo di liquirizia che rappresenta la base per la produzione dei prodotti dolciari o per l’impiego in altri settori industriali (farmaceutico, concianti per tabacco e birra). Recenti studi hanno evidenziato una preoccupante contaminazione da micotossine, in particolare da ocratossina A (OTA), in radice di liquirizia e derivati presenti sul mercato mondiale; la CE (Reg. CE n. 105/2010) ha, infatti, revisionato e reso ancora più stringenti i limiti massimi di OTA in radici (20 mg kg-1) ed estratti di liquirizia (80 mg kg-1). Vista l’importanza del comparto in Calabria questo lavoro ha focalizzato l’attenzione sui livelli di contaminazione nelle produzioni locali. Lo studio ha riguardato sia il monitoraggio dell’OTA sui prodotti presenti sul mercato calabrese sia delle Aflatossine, classificate dalla IARC nel gruppo 1B, cancerogene per l’uomo, e non ancora normate nel caso della liquirizia. Dallo screening, condotto su venti campioni, è emersa una diffusa e preoccupante presenza sia di OTA che di AFL. Le determinazioni sono state condotte mediante purificazione e concentrazione in colonnine di immunoaffinità e successiva analisi HPLC con rivelatore fluorimetrico. Sulla base dei risultati ottenuti e da altre evidenze emerse che dimostrano chiaramente che le OTA presenti in radici di liquirizia passano nei prodotti derivati nonostante lo stress termico cui le radici stesse sono sottoposte nelle fasi di lavorazione, è stato condotto lo studio sul processo presso un’azienda produttrice. Le analisi condotte su campioni prelevati lungo la linea produttiva ha consentito di individuare alcuni punti critici del processo che, adeguatamente controllati, hanno consentito di abbattere fortemente i livelli di contaminazione da micotossine nei prodotti calabresi. Bibliografia A. ARIN~O, M. HERRERA, E. LANGA, J. RASO, A. HERRERA, Food Additive & Contaminant, Part A, 24, 9, (2007). A. ARIN~O, M. HERRERA, G. ESTOPAN~AN, T. JUAN, Int. J. Food Microbiology, 114, 3, (2007).
2010
978-88-86208-61-1
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12318/17119
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact