Charles Bulfinch (1763–1844), il primo grande architetto nativo americano, nel 1785-86 fu protagonista di un Grand Tour in Europa, che toccò l’Inghilterra, la Francia e l’Italia. Egli arrivò nel vecchio continente come un giovane esponente della illuminata borghesia bostoniana, laureato ad Harvard, dotato di mezzi sufficienti per assecondare liberamente i propri interessi culturali, compreso quello ancora non professionale per l’architettura. Sotto questo aspetto per Bulfinch fu decisivo l’incontro a Parigi con Thomas Jefferson, con il quale condivise l’idea di un viaggio di conoscenza nel sud della Francia e in Italia. Bulfinch compì il suo viaggio nella primavera del 1786, Jefferson in quella del 1787, ed entrambi trascorsero un mese in Italia. Ma mentre Jefferson viaggiando con la sua carrozza non si spinse oltre il Piemonte, la Lombardia e la Liguria, documentando ogni passaggio in un diario, Bulfinch attraversò velocemente l’Italia centro settentrionale fermandosi a Roma per tre settimane, incapace di trasmettere sulla carta la grande impressione ricevuta: “It would be in vain to attempt to give here a particular account of such a country, the subject is too copious and must be left till we meet”. In questo contesto la commozione che, secondo quanto tramandato dai suoi discendenti, Bulfinch avrebbe provato entrando nella basilica di San Pietro in Vaticano riflette solo in parte la profonda suggestione esercitata dal mondo romano nella sua opera architettonica, finora mai discussa al di là di confronti puramente visuali con monumenti che egli avrebbe potuto vedere. Questo contributo intende ricostruire il contesto culturale degli itinerari romani di Bulfinch nel senso più ampio e interdisciplinare attraverso il ben documentato ambiente sociale e artistico dei residenti stranieri, britannici e francesi − ma anche americani − tra relazioni interpersonali, frequentazioni di pubbliche accademie e salotti, desumibili da numerosissime cronache e diari privati coevi. Tutto ciò in un momento decisivo per lo sviluppo concettuale delle arti e dell’architettura, di cui furono protagonisti personaggi, molto aperti alle influenze straniere, come il critico Francesco Milizia, più tardi lodato da Jefferson come il migliore scrittore a lui noto in materia di bellezza in architettura.
The Rome of Charles Bulfinch / Manfredi, Tommaso. - In: ATTI DELL'ACCADEMIA NAZIONALE DI SAN LUCA. - ISSN 2239-8341. - American Latium. American Artists in and around Rome in the Age of the Grand Tour, Quaderni degli Atti 2017-2018 numero speciale allegato alla rivista Atti dell'Accademia Nazionale di San Luca (2017-2018):(2023), pp. 215-228.
The Rome of Charles Bulfinch
MANFREDI, Tommaso
2023-01-01
Abstract
Charles Bulfinch (1763–1844), il primo grande architetto nativo americano, nel 1785-86 fu protagonista di un Grand Tour in Europa, che toccò l’Inghilterra, la Francia e l’Italia. Egli arrivò nel vecchio continente come un giovane esponente della illuminata borghesia bostoniana, laureato ad Harvard, dotato di mezzi sufficienti per assecondare liberamente i propri interessi culturali, compreso quello ancora non professionale per l’architettura. Sotto questo aspetto per Bulfinch fu decisivo l’incontro a Parigi con Thomas Jefferson, con il quale condivise l’idea di un viaggio di conoscenza nel sud della Francia e in Italia. Bulfinch compì il suo viaggio nella primavera del 1786, Jefferson in quella del 1787, ed entrambi trascorsero un mese in Italia. Ma mentre Jefferson viaggiando con la sua carrozza non si spinse oltre il Piemonte, la Lombardia e la Liguria, documentando ogni passaggio in un diario, Bulfinch attraversò velocemente l’Italia centro settentrionale fermandosi a Roma per tre settimane, incapace di trasmettere sulla carta la grande impressione ricevuta: “It would be in vain to attempt to give here a particular account of such a country, the subject is too copious and must be left till we meet”. In questo contesto la commozione che, secondo quanto tramandato dai suoi discendenti, Bulfinch avrebbe provato entrando nella basilica di San Pietro in Vaticano riflette solo in parte la profonda suggestione esercitata dal mondo romano nella sua opera architettonica, finora mai discussa al di là di confronti puramente visuali con monumenti che egli avrebbe potuto vedere. Questo contributo intende ricostruire il contesto culturale degli itinerari romani di Bulfinch nel senso più ampio e interdisciplinare attraverso il ben documentato ambiente sociale e artistico dei residenti stranieri, britannici e francesi − ma anche americani − tra relazioni interpersonali, frequentazioni di pubbliche accademie e salotti, desumibili da numerosissime cronache e diari privati coevi. Tutto ciò in un momento decisivo per lo sviluppo concettuale delle arti e dell’architettura, di cui furono protagonisti personaggi, molto aperti alle influenze straniere, come il critico Francesco Milizia, più tardi lodato da Jefferson come il migliore scrittore a lui noto in materia di bellezza in architettura.File | Dimensione | Formato | |
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