Il contributo sottolinea la centralità acquisita dal diritto della prevenzione ‘negativa’ extra delictum nell’attuale dibattito giuridico. Una centralità resa evidente non solo dal notevole ampliamento del suo campo di operatività, ma anche dal progressivo inasprimento delle sue conseguenze ‘afflittive’ che tendono ad attrarlo sempre più nell’orbita del diritto oggettivamente sanzionatorio. Il lavoro punta a smascherare la vocazione ‘diagnostica’ di molti degli attuali modelli di prevenzione, individuando nella pericolosità qualificata il vero ‘punto di crisi’ del sistema. L’esigenza di una maggiore fedeltà ai principi convenzionali e costituzionali induce ad elaborare proposte di riforma differenziate in relazione all’area della pericolosità generica e a quella della pericolosità qualificata. Nel primo caso l’Autore, sulla scia tracciata dalla recente sentenza costituzionale n. 24/2019, suggerisce la costruzione di modelli fondati su classi di reato, sì da evitare il duplice ed opposto inconveniente di un intervento preventivo ‘generalista’ ovvero troppo schiacciato su quello punitivo, del quale rischierebbe di divenire una sorta di duplicato in chiave probatoriamente affievolita. Nel secondo caso la soluzione prescelta è orientata a proporre una drastica riduzione delle attuali fattispecie soggettive di pericolosità. I problemi connessi all’estrema eterogeneità delle categorie di proponibili sono qui esaltati dalla vocazione rimediale e surrogatoria (rispetto alla mancata affermazione di responsabilità penale) di una misura ‘costruita’ mediante un richiamo all’omologa fattispecie di reato, che in sostanza ambisce a duplicare legittimando un minore impegno probatorio. Sul fronte dell’azione di contrasto ai capitali di provenienza illecita o comunque sospetta, l’idea di rintracciare una connessione qualitativa tra il reato e i beni dei quali si chiede la confisca e di dare espresso riconoscimento normativo al principio della correlazione temporale tra pericolosità sociale ed illecito arricchimento, si accompagna – su più larga scala – alla proposta di razionalizzare il quadro normativo. Ciò anche mediante la previsione di forme di impedimento e di limitazione dei diritti di accesso al mercato ed un coordinamento delle tecniche di aggressione patrimoniali che eviti diseconomie processuali, possibili conflitti tra ‘giudicati’ ed irragionevoli ricarichi punitivi.

'Ragioni' e 'costi' dell'attuale paradigma di prevenzione / Squillaci, Ettore Michele. - In: ARCHIVIO PENALE. - ISSN 2384-9479. - 2 Maggio-Agosto 2020(2020), pp. -25.

'Ragioni' e 'costi' dell'attuale paradigma di prevenzione

Squillaci Ettore Michele
2020-01-01

Abstract

Il contributo sottolinea la centralità acquisita dal diritto della prevenzione ‘negativa’ extra delictum nell’attuale dibattito giuridico. Una centralità resa evidente non solo dal notevole ampliamento del suo campo di operatività, ma anche dal progressivo inasprimento delle sue conseguenze ‘afflittive’ che tendono ad attrarlo sempre più nell’orbita del diritto oggettivamente sanzionatorio. Il lavoro punta a smascherare la vocazione ‘diagnostica’ di molti degli attuali modelli di prevenzione, individuando nella pericolosità qualificata il vero ‘punto di crisi’ del sistema. L’esigenza di una maggiore fedeltà ai principi convenzionali e costituzionali induce ad elaborare proposte di riforma differenziate in relazione all’area della pericolosità generica e a quella della pericolosità qualificata. Nel primo caso l’Autore, sulla scia tracciata dalla recente sentenza costituzionale n. 24/2019, suggerisce la costruzione di modelli fondati su classi di reato, sì da evitare il duplice ed opposto inconveniente di un intervento preventivo ‘generalista’ ovvero troppo schiacciato su quello punitivo, del quale rischierebbe di divenire una sorta di duplicato in chiave probatoriamente affievolita. Nel secondo caso la soluzione prescelta è orientata a proporre una drastica riduzione delle attuali fattispecie soggettive di pericolosità. I problemi connessi all’estrema eterogeneità delle categorie di proponibili sono qui esaltati dalla vocazione rimediale e surrogatoria (rispetto alla mancata affermazione di responsabilità penale) di una misura ‘costruita’ mediante un richiamo all’omologa fattispecie di reato, che in sostanza ambisce a duplicare legittimando un minore impegno probatorio. Sul fronte dell’azione di contrasto ai capitali di provenienza illecita o comunque sospetta, l’idea di rintracciare una connessione qualitativa tra il reato e i beni dei quali si chiede la confisca e di dare espresso riconoscimento normativo al principio della correlazione temporale tra pericolosità sociale ed illecito arricchimento, si accompagna – su più larga scala – alla proposta di razionalizzare il quadro normativo. Ciò anche mediante la previsione di forme di impedimento e di limitazione dei diritti di accesso al mercato ed un coordinamento delle tecniche di aggressione patrimoniali che eviti diseconomie processuali, possibili conflitti tra ‘giudicati’ ed irragionevoli ricarichi punitivi.
2020
prevenzione - diritto penale - punizione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12318/154027
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