Il silenzio e le riflessioni sul suo einai si sono imposti all’attenzione dell’uomo d’ogni tempo, affidando ai più sensibili l’arduo compito di individuare il vero discrimen tra silenzio come assenza della parola e silenzio come λόγος. In un bellissimo saggio degli 50’, Luigi Heilmann ha affrontato il tema della distinzione tra “tacere” e “silère” in latino e, sia pure sotto il profilo più squisitamente linguistico, lo studioso è riuscito a mettere in evidenza che sileo e taceo, posti l’uno di fronte all’altro, sono l’espressione di due concetti contrapposti: il primo è « coscienza del silenzio come realtà in atto», mentre al secondo viene attribuito il significato dell’«assenza di qualcosa che da esso è negata». Perciò la differenza tra tacere e silere, tra άποσιωπάω e σιγάω, non si palesa solo sul piano linguistico, ma va molto oltre. Essa tradisce la sostanziale diversità che intercorre tra un atto che interrompe il flusso comunicativo, sfumando nel non detto, e un atto che, al contrario, è parola. Una parola capace di generare la più feconda tra le relazioni: quella tra l’uomo e il suo mondo, tra l’uomo e la sua anima, tra l’uomo e l’Assoluto.
I due volti del silenzio / Marzullo, R. - In: SCUOLA E VITA. - ISSN 2036-3362. - (2010), pp. 4-7.
I due volti del silenzio
Marzullo R
2010-01-01
Abstract
Il silenzio e le riflessioni sul suo einai si sono imposti all’attenzione dell’uomo d’ogni tempo, affidando ai più sensibili l’arduo compito di individuare il vero discrimen tra silenzio come assenza della parola e silenzio come λόγος. In un bellissimo saggio degli 50’, Luigi Heilmann ha affrontato il tema della distinzione tra “tacere” e “silère” in latino e, sia pure sotto il profilo più squisitamente linguistico, lo studioso è riuscito a mettere in evidenza che sileo e taceo, posti l’uno di fronte all’altro, sono l’espressione di due concetti contrapposti: il primo è « coscienza del silenzio come realtà in atto», mentre al secondo viene attribuito il significato dell’«assenza di qualcosa che da esso è negata». Perciò la differenza tra tacere e silere, tra άποσιωπάω e σιγάω, non si palesa solo sul piano linguistico, ma va molto oltre. Essa tradisce la sostanziale diversità che intercorre tra un atto che interrompe il flusso comunicativo, sfumando nel non detto, e un atto che, al contrario, è parola. Una parola capace di generare la più feconda tra le relazioni: quella tra l’uomo e il suo mondo, tra l’uomo e la sua anima, tra l’uomo e l’Assoluto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.