L’A. analizza il rapporto tra la legge 3 maggio 1982, n. 203 e l’art. 999 c.c. che regola le locazioni concluse dall’usufruttuario e che fissa in cinque anni oltre la cessazione dell’usufrutto il limite di durata dei diritti personali di godimento concessi dall’usufruttuario stesso. Il primo problema che si pone è quello dell’esistenza, nel nostro ordinamento, di una innominata azione di annullamento del contratto di locazione concluso dall’usufruttuario in frode dei diritti del nudo proprietario, che sarebbe desumibile dai principi generali in materia di usufrutto e più precisamente dall’art. 999 c.c.. La soluzione dell’insussistenza di tale azione discende proprio dal richiamato art. 999 c.c. che prevede un apposito rimedio. Ritenuto pertanto che il potere di concedere diritti personali di godimento sul fondo spetta all’usufruttuario e non al nudo proprietario, residua il problema della durata dell’affitto stipulato dall’usufruttuario, ove sopraggiunga la morte di questi. Se, infatti, la Corte d’Appello di Bologna aveva ritenuto prevalente le norme inderogabili contenute nella legge 3 maggio 1982, n. 203 rispetto alla norma codicistica che avrebbe dovuto ritenersi abrogata in quanto incompatibile con le norme contenute nella citata legge dell’82 sulla durata, la Suprema Corte ha mutato orientamento riguardo al rapporto tra l’art. 999 c.c. e la legge 203/82. Una corrente di pensiero riteneva che la limitazione temporale contenuta nella norma codicistica fosse da ritenersi eliminata dal sopravvenire della legge 203/82, anche perché l’art. 999 c.c. era in contrasto con l’art. 44 Cost.. Altro orientamento ritiene invece prevalente la norma codicistica sulla legge in materia di patti agrari, basato su una considerazione di ordine generale, in quanto se si ritenesse prevalente la legge speciale sulla norma codicistica vi sarebbe una violazione dell’art. 42 Cost. che non appresta alla proprietà una tutela incondizionata, prediligendo chi coltiva effettivamente la terra rendendola produttiva. Diventa quindi quanto mai opportuna una tutela del nudo proprietario dagli atti pregiudizievoli posti in essere dall’usufruttuario, come le locazioni. L’A. non condivide le ragioni seguite dalla S.C. nel giungere a questa soluzione. Infatti, se la sentenza è apprezzabile in quanto tutela in maniera intensa il diritto del nudo proprietario dagli abusi posti in essere dall’usufruttuario, essa lascia perplessi per altri aspetti degni di nota. L’orientamento dei giudici della Cassazione può essere giustificato solo se, anziché invertire il rapporto tra legge generale e legge speciale considerando la legge 203 come lex generalis sui contratti agrari e l’art. 999 c.c. come lex specialis, si utilizza un altro criterio e precisamente quello per cui lex posterior generalis non derogat legi priori speciali. Da ciò consegue che il criterio di posteriorità non sempre è adatto a risolvere i conflitti tra leggi, per cui in alcuni casi è necessario utilizzare criteri di specialità. Ne deriva che l’art. 999 c.c. non è stato abrogato dalla legge 203/1982 in quanto, pur essendo questa lex generalis sui contratti agrari, non sembra emergere con certezza un intento del legislatore di abrogare la legge speciale anteriore.
Locazioni concluse dall’usufruttuario e revisione del rapporto tra codice civile e legge 3 maggio 1982 n. 203, nota a Cass. Sez. III Civ. – 25 -7- 2003, n. 11561 / Saija, Roberto. - In: DIRITTO E GIURISPRUDENZA AGRARIA E DELL'AMBIENTE. - ISSN 1593-7208. - 5(2005), pp. 323-326.
Locazioni concluse dall’usufruttuario e revisione del rapporto tra codice civile e legge 3 maggio 1982 n. 203, nota a Cass. Sez. III Civ. – 25 -7- 2003, n. 11561
SAIJA, ROBERTO
2005-01-01
Abstract
L’A. analizza il rapporto tra la legge 3 maggio 1982, n. 203 e l’art. 999 c.c. che regola le locazioni concluse dall’usufruttuario e che fissa in cinque anni oltre la cessazione dell’usufrutto il limite di durata dei diritti personali di godimento concessi dall’usufruttuario stesso. Il primo problema che si pone è quello dell’esistenza, nel nostro ordinamento, di una innominata azione di annullamento del contratto di locazione concluso dall’usufruttuario in frode dei diritti del nudo proprietario, che sarebbe desumibile dai principi generali in materia di usufrutto e più precisamente dall’art. 999 c.c.. La soluzione dell’insussistenza di tale azione discende proprio dal richiamato art. 999 c.c. che prevede un apposito rimedio. Ritenuto pertanto che il potere di concedere diritti personali di godimento sul fondo spetta all’usufruttuario e non al nudo proprietario, residua il problema della durata dell’affitto stipulato dall’usufruttuario, ove sopraggiunga la morte di questi. Se, infatti, la Corte d’Appello di Bologna aveva ritenuto prevalente le norme inderogabili contenute nella legge 3 maggio 1982, n. 203 rispetto alla norma codicistica che avrebbe dovuto ritenersi abrogata in quanto incompatibile con le norme contenute nella citata legge dell’82 sulla durata, la Suprema Corte ha mutato orientamento riguardo al rapporto tra l’art. 999 c.c. e la legge 203/82. Una corrente di pensiero riteneva che la limitazione temporale contenuta nella norma codicistica fosse da ritenersi eliminata dal sopravvenire della legge 203/82, anche perché l’art. 999 c.c. era in contrasto con l’art. 44 Cost.. Altro orientamento ritiene invece prevalente la norma codicistica sulla legge in materia di patti agrari, basato su una considerazione di ordine generale, in quanto se si ritenesse prevalente la legge speciale sulla norma codicistica vi sarebbe una violazione dell’art. 42 Cost. che non appresta alla proprietà una tutela incondizionata, prediligendo chi coltiva effettivamente la terra rendendola produttiva. Diventa quindi quanto mai opportuna una tutela del nudo proprietario dagli atti pregiudizievoli posti in essere dall’usufruttuario, come le locazioni. L’A. non condivide le ragioni seguite dalla S.C. nel giungere a questa soluzione. Infatti, se la sentenza è apprezzabile in quanto tutela in maniera intensa il diritto del nudo proprietario dagli abusi posti in essere dall’usufruttuario, essa lascia perplessi per altri aspetti degni di nota. L’orientamento dei giudici della Cassazione può essere giustificato solo se, anziché invertire il rapporto tra legge generale e legge speciale considerando la legge 203 come lex generalis sui contratti agrari e l’art. 999 c.c. come lex specialis, si utilizza un altro criterio e precisamente quello per cui lex posterior generalis non derogat legi priori speciali. Da ciò consegue che il criterio di posteriorità non sempre è adatto a risolvere i conflitti tra leggi, per cui in alcuni casi è necessario utilizzare criteri di specialità. Ne deriva che l’art. 999 c.c. non è stato abrogato dalla legge 203/1982 in quanto, pur essendo questa lex generalis sui contratti agrari, non sembra emergere con certezza un intento del legislatore di abrogare la legge speciale anteriore.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.